Congressi 4.0 e il Caso Italia: Chi guida davvero il sistema?
- Giancarlo Leporatti
- Apr 13
- 2 min read

Nel quadro delineato dalla pubblicazione Congressi 4.0 – Ripensare il Lavoro, le Soluzioni, le Dinamiche Economiche e le Strategie, applicare questa visione al contesto italiano significa affrontare una domanda cruciale: chi guida oggi il sistema congressuale nazionale?
La risposta, purtroppo, non è univoca. Anzi, è proprio l’assenza di una guida chiara e condivisa a rappresentare uno dei punti deboli più evidenti del nostro modello.
Da un lato, ci sono gli attori privati – PCO, sedi congressuali, DMC – che operano con competenza e spirito imprenditoriale, ma spesso in modo scollegato, ognuno per sé, senza visione d’insieme. Dall’altro lato, gli enti pubblici e le istituzioni territoriali (Comuni, Regioni, Camere di Commercio, Convention Bureau pubblici) alternano iniziative frammentarie, talvolta lodevoli, ma quasi mai coordinate in un disegno strategico nazionale.
Il risultato è un sistema dispersivo, dove:
i PCO cercano di conquistare eventi con sforzi individuali, senza il supporto strutturale della destinazione;
i centri congressi operano sotto pressione economica e con scarsa integrazione territoriale;
i Convention Bureau agiscono con ruoli ambigui o limitati, spesso senza budget né mandato operativo vero;
le istituzioni pubbliche, pur consapevoli del potenziale economico dei congressi, non riescono a tradurre questa consapevolezza in politiche efficaci.
Al confronto, i modelli esteri più avanzati (vedi Spagna, Paesi Bassi, Danimarca) mostrano invece strutture ben articolate, dove i ruoli sono chiari, la filiera è coesa, e le responsabilità sono distribuite in modo efficiente.
Nel mercato dei Congressi 4.0, caratterizzato da rapidità, digitalizzazione, attenzione alla sostenibilità e alla competitività globale, questo assetto disorganico rischia di penalizzare l’Italia in modo strutturale. Non basta avere bellezza e attrattività: serve una macchina organizzativa moderna, efficace, capace di rispondere alle esigenze degli organizzatori internazionali.
La sfida è culturale, prima ancora che operativa. Occorre superare l’individualismo, la frammentazione e l’improvvisazione, per costruire un sistema congressuale italiano all’altezza del mercato in cui opera. Serve un patto tra pubblico e privato, fondato su competenza, progettualità e visione.
In un mercato che corre, chi non sa chi comanda resta fermo.
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